Grande successo per la quarta edizione del Premio Fondazione Carispaq per la Solidarietà sul tema della violenza contro le donne. Ospite Serena Dandini che ha parlato della sua esperienza di “Ferite a Morte”
Si è svolta all’Aquila, presso l’auditorium del Parco, la quarta edizione del Premio Fondazione Carispaq per la Solidarietà dedicato, quest’anno, al tema della violenza contro le donne. “In questa fase storica ““ ha dichiarato Marco Fanfani Presidente della Fondazione Carispaq ““ caratterizzata da tante forme di violenza, certamente quella contro le donne e i minori è tra la più efferate ed ignobili. Il ripetersi pressoché quotidiano di episodi sia in ambito familiare che nei rapporti affettivi, risultano crescenti e caratterizzati da particolare ferocia, per questo ognuno di noi è chiamato a svolgere la propria parte per ovviare ad un fenomeno così disumano del vivere civile e che sta assumendo dimensioni preoccupanti. Da parte nostra abbiamo sostenuto, ed oggi lo facciamo in forma pubblica e celebrativa, quelle associazioni che, anche nel nostro territorio di riferimento, si prodigano per sostenere le vittime o le potenziali vittime di violenze”.
Ospite e madrina della manifestazione l’autrice e conduttrice tv Serena Dandini che ha parlato del suo impegno per sconfiggere i comportamenti che sfociano nella violenza e spesso nel femminicidio, ma anche per diffondere una cultura di prevenzione e di rispetto dei generi; impegno convogliato nel libro, diventato anche spettacolo “Ferite a Morte”. “Ferite a morte – ha detto la Dandini ““ è nato dalla volontà di dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora può salvarsi. Ma non mi sono fermata al racconto e, con l’aiuto di Maura Misiti che ha approfondito l’argomento come ricercatrice al CNR, ho provato anche a ricostruire le radici di questa violenza con dati inequivocabili: l’Italia è presente e in buona posizione nella triste classifica dei femminicidi. Con una paurosa cadenza matematica, il massacro conta una vittima ogni due, tre giorni”. Infatti, già in questi primi mesi del 2018 sono oltre venti le donne uccise, mentre nei primi dieci mesi del 2017 sono stati 114 i femminicidi in Italia. Per questo, il Premio Fondazione Carispaq per la Solidarietà 2018, ha voluto focalizzare l’attenzione su un tema tanto urgente riconoscendo il lavoro di protezione e sostegno ma anche di educazione e prevenzione delle associazioni del territorio aquilano.
l Premio Fondazione Carispaq per la Solidarietà 2018 è stato assegnato al Centro antiviolenza dell’Aquila “Donatella Tellini” che fa parte della rete nazionale Di.Re. e da dieci anni è un luogo di accoglienza che, dopo aver stabilito il primo contatto con le donne che vi si rivolgono, offre anche consulenza legale e psicologica; negli ultimi mesi è stato attivato uno sportello di orientamento al lavoro. “In questi dieci anni abbiamo accolto 450 donne ““ spiega la presidente Simona Giannangeli – che hanno svolto il percorso di accoglienza presso il Centro insieme alle operatrici, nonché con le avvocate e le psicologhe, quando lo hanno richiesto. Circa 120 donne invece, nello stesso periodo di tempo, si sono rivolte al Centro senza poi intraprendere un percorso. Trattasi di donne in maggioranza cittadine italiane e, nel caso di donne migranti, più della metà erano legate ad uomini di cittadinanza italiana”. La commissione del Premio ha poi voluto assegnare due menzioni speciali: al Centro antiviolenza e Casa delle Donne di Sulmona “La Libellula” per il lavoro svolto con la Casa rifugio, istituita nel 2005, che ad oggi ha ospitato 34 donne e 42 minori, in maggioranza italiani. I minori inseriti nella Casa Rifugio hanno un’età compresa fra 0 e i 18 anni tutti hanno assistito a violenza, molti hanno subito maltrattamento e abuso sessuale. Il centro antiviolenza La Libellula dall’apertura, avvenuta nel 2008, ad oggi ha preso in carico 254 donne. Menzione speciale anche per l’associazione di Avezzano “Liberi per Liberare”che da moltissimi anni si occupa delle donne svantaggiate perché spesso mogli, madre o sorelle di uomini detenuti e quindi in condizioni di estrema fragilità sociale.